Gio. Mar 28th, 2024

 

«Non possiamo accettare un ulteriore allungamento dei tempi di chiusura».

Così Luca Crosetto presidente di Confartigianato Imprese Cuneo definisce la decisione del Governo di rinviare al 1° giugno la riapertura di acconciatori e centri estetici.

«La Categoria ha agito con grande responsabilità – sostiene Crosetto – presentando tempestive proposte dettagliate su come tornare a svolgere queste attività e osservando scrupolosamente le indicazioni delle autorità sanitarie su distanziamento, dispositivi di protezione individuale pulizia, sanificazione. Pur accettando di penalizzare pesantemente i possibili ricavi, le imprese del settore hanno dimostrato un grande senso di responsabilità verso il mantenimento del massimo livello di sicurezza. Ma a fronte dell’impegno, non sono mai arrivate dal Governo delle risposte. E ora non è possibile accettare che nel nuovo Decreto si rivolga l’attenzione ad altri settori e si orienti verso una incomprensibile dilazione per la ripresa delle attività di acconciatura ed estetica, che, insieme ad altre categorie artigiane, rischiano di cadere nel baratro della chiusura definitiva».

«Ci siamo attivati subito per rispettare le regole. – sottolineano Enrico Frea e Maria Teresa Rosso, rispettivamente rappresentante provinciale (e regionale) degli Acconciatori di Confartigianato Cuneo e rappresentante provinciale degli Estetisti – Non potremmo aggiungere nulla in più in termini di sicurezza tra un mese. È assurdo quindi farci stare fermi, con costi continui e ricavi azzerati fino a giugno. No, non possiamo davvero resistere, e siamo pronti ad organizzare anche una protesta plateale, questa volta il Governo ci deve stare a sentire».

Confartigianato ha calcolato che l’effetto combinato di mancati ricavi a causa della chiusura e della concorrenza sleale degli abusivi nei mesi di marzo, aprile e maggio causerà alle imprese di acconciatura e di estetica una perdita economica di 1.078 milioni di euro, pari al 18,1% del fatturato annuo. Sarà molto difficile evitare ripercussioni sull’occupazione: i mancati ricavi mettono a rischio il lavoro di 49 mila addetti del settore.

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